Aprire gli occhi

Di ritorno dall'ennesima cena dai suoi. Di ritorno dalla solita sequela di quanto è bello Riccardo, di quanto è uguale a Lui, di quanto sia bello e bravo quanto lo era Lui. Di ritorno dalla solita serie di domande che mi fanno a cui però non vogliono risposta, lasciando fluttare le mie parole solitarie a metà discorso.
Stanca e frustrata chiedo in macchina a Lui perché non piaccio ai suoi. Lui mi dice che è perché loro hanno l'idea della famiglia unita che si vede di continuo. Io dico che però loro la vedono come un'imposizione e ce la fanno vivere come tale. Lui mi da ragione, ma è comunque quello il problema.
Poi dico: dovevi andare a vivere da solo così avrebbero capito che non è colpa mia se non li frequenti.
Invece mi rendo conto che ho detto una scemenza, che lui  sarebbe andato ogni sera a cena per pigrizia, comodità e perchécosìglifacciopiacere, e per lo stesso motivo gli avrebbe fatto fare il bucato. E una volta arrivata io avrei cucinato cene e lavato mutande sporche, rubandogli il figlio.
Hanno ragione loro.
Sono la stronza che che gli ha portato via il figlio, sono la carie che ha rovinato la famiglia, il tarlo che ha scavato l'anima del loro piccolo.
E quando sarò vecchia morirò sola, e lei riderà nella sua tomba perché col suo metodo  fatto di sensi di colpa si è tenuto stretto figlio e nipote. Io col mio invece avrò lasciato andare all'estero mio figlio, che magari non figlierà neanche e se figlierà, lo farà all'estero così che i miei lontani nipoti, nelle rare volte che mi vedranno, non sapranno neanche quello che gli dico.

Sono un filo giù sta sera, si sente?

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